Il Parlamento ha introdotto un particolare regime di “ravvedimento” (meglio chiamarlo più propriamente “condono” per le caratteristiche che vedremo più avanti!) riservato ai soggetti ISA (sono esclusi i forfettari), che aderiscono al concordato preventivo biennale.

Esso preclude all’amministrazione la possibilità di accertare, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP (ma limitazioni si riscontrano anche per l’IVA), le annualità i cui termini non siano ancora scaduti attraverso il pagamento di un “prezzo” forfetariamente determinato. Più che un “ravvedimento”, dunque, un vero e proprio condono, che accostandosi alla lunga serie di incentivi all’adesione e al fatto che chi non stipulerà il “patto con il fisco” sarà, per espressa previsione legislativa, con maggiore probabilità sottoposto ai controlli, testimonia in modo nitido come il legislatore sia pronto a sacrificare, per esigenze di gettito, i più fondamentali principi di civiltà giuridica.

Si è assistito nel corso degli ultimi mesi al continuo tentativo di incentivare l’adesione al concordato preventivo biennale.

 

Con l’intendimento di rendere più attrattiva la stipula del patto concordatario si è nel tempo deciso:

– di stabilire (art. 7, comma 1, del D.M. 14 giugno 2024) che, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, la proposta di concordato vada ridotta di un importo pari al 50% della differenza tra (i) l’imponibile che risulterebbe dall’applicazione dal meccanismo di calcolo ordinario e (ii) il reddito dichiarato dal contribuente per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2023 (lo stesso vale per il valore aggiunto prodotto, cfr. art. 7, comma 2);

– di introdurre un “regime opzionale di imposizione sostitutiva sul maggior reddito concordato per i soggetti che applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale” (art. 20-bis del D.Lgs. n. 13/2024, introdotto dall’art. 4, comma 1, lettera l), del D.Lgs. n. 108 del 2024, in forza del quale è possibile assoggettare a imposta sostitutiva, con tassi che vanno dal 10 al 15% in ragione del punteggio ISA del contribuente, la differenza tra (i) il reddito proposto e (ii) il “reddito dichiarato nel periodo d’imposta antecedente a quelli cui si riferisce la proposta”;

– di prevedere un meccanismo più favorevole di determinazione dell’acconto del primo periodo di imposta oggetto di concordato.

– di varare una vera e propria campagna promozionale dell’istituto;

– di far presente nelle comunicazioni inviate a chi può aderire il previsto impiego di maggiore capacità operativa di Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza per controllare chi, malgrado tutto, si ostina a non voler “pagare il giusto”, magari semplicemente per il fatto che quel reddito “giusto” non è concretamente realizzabile perché a ciò si oppone il tanto “ingiusto” mercato.

Come se tutto ciò non fosse sufficiente, in sede di conversione del 

D.L. n. 113/2024, è stato introdotto un ravvedimento speciale, riservato a coloro che aderiscono al concordato, che consente di definire i periodi di imposta ancora aperti (art. 2-quater).

Da una lettura, anche superficiale, della norma testé citata emerge con evidenza una vasta serie di criticità.

La prima è di carattere sistematico.

Pur tentando di qualificarsi formalmente come un ravvedimento operoso, il meccanismo escogitato dal legislatore è ascrivibile con maggior sicurezza alla categoria dei condoni: se così non fosse, infatti, alla regolarizzazione spontanea non conseguirebbe alcuna preclusione accertativa nei confronti dell’amministrazione, né vi sarebbe motivo per escludere i maggiori redditi forfetariamente dichiarati dall’applicazione dell’IVA (la sanatoria si “paga” con sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap).

Il secondo profilo di criticità è collegato al fatto che possono “scudare” le annualità 2018-2022 solo coloro che decidono di aderire alla prima edizione del concordato preventivo biennale.

In terzo luogo, non può sfuggire che rimangono esclusi dal condono sia i soggetti che hanno aderito al regime forfetario, sia quelli che, per uno o più anni tra quelli sanabili, hanno superato le soglie rilevanti ai fini degli ISA.

Il quarto aspetto riguarda il confronto “interno” tra coloro che possono usufruire del ravvedimento speciale. Le modalità di calcolo del “prezzo” del condono muovono dalla determinazione degli imponibili in misura graduata rispetto al punteggio ISA conseguito, nel senso che coloro che hanno ottenuto la massima votazione aumentano quanto dichiarato del 5%, gli altri in misura superiore fino ad arrivare, per chi ha un voto inferiore a 3, al 50% (art. 2-quater, commi 2 e 3). Alle basi così determinate si applicano aliquote a loro volta graduate in funzione del voto ISA (dal 10%, per chi sta sopra l’8, al 15% per chi sta sotto il 6, art. 2-quater, comma 4).

Ora, va rilevato che si tratta, con evidenza, di un meccanismo di calcolo rozzo e rudimentale, che non riesce a premiare chi ha dichiarato di più e a rendere proporzionalmente più gravosa la sanatoria per chi invece abbia molto evaso.

Tutto ciò non solo per il fatto che un aumento del 50% di un reddito molto basso potrebbe essere più contenuto di un incremento del 5% di chi si pone ai vertici della piramide dell’affidabilità fiscale, ma anche perché le aliquote applicabili si differenziano di pochissimo, visto che chi ha 10 paga il 10%, chi ha 1 paga il 15%.

Il ravvedimento si perfeziona con il pagamento dell’imposta sostitutiva dovuta, da effettuarsi in unica soluzione entro il 31 marzo 2025 oppure mediante pagamento rateale, con l’avvertenza che, ai fini del perfezionamento, non è sufficiente il pagamento della prima rata [art. 2-quater, comma 8 e comma 10, lettera c)]. In questo contesto, nel comma 9 si specifica che “il ravvedimento non si perfeziona se il pagamento, in unica soluzione o della prima rata delle imposte sostitutive, è successivo alla notifica di processi verbali di constatazione o schemi di atto di accertamento, di cui all’articolo 6-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, ovvero di atti di recupero di crediti inesistenti”.

Non costituisce pertanto causa ostativa al ravvedimento l’avvio di attività di controllo che non siano ancora sfociate nella formale constatazione delle violazioni o nella contestazione dell’inesistenza di crediti compensati.

 

I termini.

L’art. 2-quater, comma 14, prevede che i termini dell’accertamento delle annualità per cui si usufruisce del condono sono prorogati fino al 31 dicembre 2027. Per coloro invece che aderiscono al concordato preventivo biennale ma non intendono ravvedersi, si specifica che i termini di decadenza per l’accertamento in scadenza al prossimo 31 dicembre sono in ogni caso prorogati di un anno.

Di qui le conclusioni. La vicenda del concordato preventivo biennale e del qui commentato ravvedimento restituisce in modo nitido l’immagine di un legislatore che, nel pur comprensibile tentativo di garantire le entrate di cui le anemiche casse dello Stato abbisognano, accetta di contravvenire ai più elementari principi di civiltà giuridica.