Il 29 marzo, “SAVE THE DATE” per dirla in inglese!

Il 29 marzo è il termine entro il quale l’Ue e il Regno Unito devono trovare un accordo per mantenere e garantire accordi “preferenziali” reciproci.

Dal momento in cui si concretizzerà formalmente la cosiddetta Brexit, notificata dal Regno unito il 29 marzo 2017 (a norma dell’articolo 50 Trattato UE), tale Stato non farà più parte del territorio doganale e fiscale dell’Unione Europea.

La circolazione delle merci tra UK e l’Italia verrà, dunque, considerata commercio con un Paese terzo, quindi parleremo di importazioni o esportazioni, non più di cessioni o acquisti intracomunitari.

Da quella data si dovrà stabilire lo status doganale delle merci che si movimentano (entrate, uscite, transiti) attraverso il territorio doganale e fiscale comunitario e del Regno Unito, oltre al trattamento adeguato in relazione all’Iva e alle accise, nonché quali

disposizioni giuridiche trovino applicazione.

L’accordo di recesso, prevede, dopo l’uscita del 29 marzo 2019, anche un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2020.

Qualora la posizione del Regno Unito sia quella più rigida del “NO DEAL”, peraltro  confermata dal voto negativo della Camera dei Comuni britannica del 15 gennaio 2019,

dal 30 marzo 2019 tale Stato diventerà a tutti gli effetti territorio extra-comunitario.

In caso di recesso senza accordo, il trattamento fiscale di tutte le transazioni, comprese quelle in essere, sarà soggetto a cambiamenti dalla data del recesso.

Dal 30 marzo 2019 i movimenti delle merci che entrano nel territorio Iva dell’UE o sono

inviate o trasportate dal territorio Iva dell’Unione verso il Regno Unito dovranno essere

trattati, rispettivamente, come importazione o esportazione di merci.

Ciò comporta che il cessionario nazionale dovrà assolvere l’Iva all’importazione (salvo presentazione della dichiarazione d’intento nei confronti della Dogana) e registrare la bolletta doganale di importazione.

Allo stesso modo, il cedente nazionale che invia dei beni al proprio cessionario britannico, effettua un’esportazione non imponibile, ai sensi dell’articolo 8 D.P.R. 633/1972; l’importatore dovrà, pertanto, dotarsi di un codice EORI (Economic Operator Registration and Identification).

Per le esportazioni di merci verso i Paesi terzi con cui l’UE ha concluso un accordo di libero scambio, gli esportatori possono beneficiare di tariffe preferenziali a condizione che i prodotti abbiano abbastanza “contenuto UE” secondo i parametri delle norme di origine. Dopo la Brexit, l’apporto del Regno Unito al prodotto finito non potrà più essere considerato contenuto UE.

I movimenti delle merci che entrano nel territorio di accisa dell’Unione dal Regno Unito o

sono inviate o trasportate dal territorio di accisa dell’Unione verso il Regno Unito sono trattati, rispettivamente, come importazioni o esportazioni di merci sottoposte ad accisa a norma della Direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise. Ciò comporta, fra l’altro, che il sistema d’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (EMCS) non sia più applicabile ai movimenti di merci in regime di sospensione dell’accisa dall’Unione verso il Regno Unito; tali movimenti sono, invece, trattati come esportazioni per le quali la vigilanza, ai fini dell’accisa, termina nel luogo di uscita dall’Unione (come da Linee guida sulle movimentazioni commerciali di prodotti sottoposti ad accisa da e verso il Regno Unito del 22 febbraio 2019).

Si ricorda, che l’Agenzia delle dogane italiana e l’Amministrazione finanziaria

britannica (HMRC) forniscono aggiornamenti costanti sui propri siti istituzionali.