Dal 1° gennaio 2020 gli esportatori abituali non sono più tenuti a consegnare al proprio fornitore la dichiarazione d’intento e la copia della ricevuta telematica di trasmissione della dichiarazione all’Agenzia delle Entrate. Dall’altra parte il fornitore, al fine di poter emettere le fatture senza l’applicazione dell’IVA, deve soltanto verificare la trasmissione. In assenza di tale riscontro, in capo a quest’ultimo si applicherà una sanzione compresa tra il 100 e il 200 per cento dell’imposta.

Il decreto Crescita (D.L. n. 34/2019) ha semplificato l’iter per effettuare acquisti in regime di non imponibilità IVA da parte degli esportatori abituali.

A decorrere dal 1° gennaio 2020 per poter effettuare acquisti in regime di non imponibilità IVA l’esportatore abituale deve soltanto inviare telematicamente la dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate, che a sua volta rilascia apposita ricevuta telematica con indicazione del protocollo di ricezione.

Nella disciplina previgente, erano già state introdotte modifiche dal D.Lgs. n. 175/2014, prevedendo a decorrere dal 1° marzo 2017 l’introduzione di  un nuovo modello di dichiarazione d’intento, che gli esportatori abituali devono utilizzare per effettuare acquisti o importazioni di beni senza applicazione dell’IVA.

Il nuovo modello, non prevede più (ai campi 3 e 4 “operazioni comprese nel periodo da”) l’emissione di dichiarazioni d’intento riferite agli acquisti senza IVA dell’esportatore abituale in un determinato intervallo temporale. 

Dal 1° marzo 2017, infatti, è stata ammessa la possibilità di emettere dichiarazioni d’intento che si riferiscano ad una singola operazione o ad un insieme di operazioni fino ad un dato importo (restando “attivi” soltanto i campi 1 e 2 del modello).

La nuova disciplina in vigore dal 2020 prevede che per per potersi avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza l’applicazione dell’IVA , l’esportatore abituale deve inviare apposita dichiarazione d’intento per via telematica all’Agenzia delle Entrate che rilascia la ricevuta con l’indicazione del protocollo di ricezione.

La dichiarazione d’intento può riguardare anche più operazioni.

Gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento devono essere, quindi, indicati nelle fatture emesse in base ad essa, ovvero devono essere indicati dall’importatore nella dichiarazione doganale.

In altri termini, a decorrere dal 2020, sarà compito del fornitore dell’esportatore abituale:

eseguire un riscontro telematico dell’avvenuta trasmissione all’Agenzia delle Entrate della dichiarazione d’intento;

– indicare sulla fattura emessa gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento verificato telematicamente.

Pertanto, a seguito di tale modifica, in capo all’esportatore abituale viene meno l’obbligo di consegnare al proprio fornitore la dichiarazione d’intento e la ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia, così come in capo al fornitore quello di riepilogare nella dichiarazione IVA i dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute.

Inoltre, i soggetti che si avvalgono della dichiarazione d’intento in dogana sono esonerati dalla presentazione della copia cartacea della dichiarazione stessa.

Con l’abrogazione del comma 2 dell’art. 1, D.Lgs. n. 746/1983, infine, è stato eliminato anche l’obbligo da parte del dichiarante e dal fornitore o prestatore di numerare progressivamente le dichiarazioni d’intento e di annotarle entro i 15 giorni successivi a quello di emissione o ricezione in un apposito registro.

Correlativamente alla modifica della disciplina relativa alle dichiarazioni d’intento, viene modificato anche l’art. 7, comma 4-bis, D.Lgs. n. 471/1997, relativamente alle sanzioni previste, disponendo che è punito con una sanzione compresa tra il 100 e il 200 per cento dell’IVA il cedente o prestatore che effettua cessioni o prestazioni senza l’applicazione dell’IVA, senza aver prima riscontrato per via telematica l’invio della dichiarazione d’intento da parte dell’esportatore abituale all’Agenzia delle Entrate.